L’ETERNA FASCINAZIONE DELLA MODA VERSO L’UNIVERSO DEI PAPARAZZI

“Una buona foto deve ritrarre una persona famosa mentre fa qualcosa di non famoso. Il suo essere nel posto giusto mentre fa qualcosa di sbagliato”, sosteneva Andy Warhol. Il riferimento era a Ron Galella, divo degli scattini per cui il padre della Pop Art aveva una predilezione, paparazzo dalla carriera costellata di denunce, mascelle rotte e sputi in faccia, tra i più prolifici “sottoproletari dell’obiettivo”, come intelligentemente ha definito qualcuno la categoria di questi fotografi un tempo senza gloria, per cui la moda ha – dagli anni Duemila – una vera ossessione. È proprio di inizio millennio la campagna pubblicitaria Dirty Country Girl di Diesel, nient’altro che un pastiche ad alto tasso finzionale che costruisce uno scandalo attorno alla fittizia pop star polacca Joanna Zychowicz, con tanto di disco in uscita, ospitate alla New York Fashion Week, sito web e paparazzate scandalistiche accompagnate dalla dicitura “It’s real”, a sostituire il canonico claim “Diesel for Successful living”. Il solito coup de génie del mito italiano della tela di Genova su cui, non a caso, il fondatore di Nike Phil Knight ha commentato: “Esiste l’advertising prima di Diesel e quella dopo Diesel”. È la lungimiranza nell’utilizzo ingegnoso di internet. Tra i primi casi di fascinazione della moda verso l’universo del gossip e degli “implacabili, scattanti Savonarola della Nikon”, un universo che a quanto pare continua a mantenere saldo il suo potere ammaliatore.

Poiché negli ultimi mesi se ne sono viste parecchie, di più o meno blasonate maison con il chiodo fisso per quella cosa lì; la foto da tabloid, lo scatto à la Celebrity sightings di Getty, l’inquadratura voyeuristica alla star o starlette di turno beccata in incognito nella posa meno stereotipata, con l’attitudine vamp a cedere il passo all’autenticità dell’ordinario. O ai tic hollywoodiani puntualmente trasfigurati in simboli estetici – i perenni stivali pelosi, gli occhialoni scuri, i tappetini da yoga tenuti sotto braccio, i bicchieroni di caffè o di dietetici frullati, la borsa scudo a difesa dei flash –, ormai consacrati all’agiografia della cultura di massa. D’altronde già Walter Benjamin, in un’acuta riflessione sulla rivoluzione tecnologica dell’età fotografica, sosteneva come il mezzo avesse mostrato “il prezzo a cui si acquista la sensazione della modernità: la dissoluzione dell’aura nell’esperienza dello choc”, dove per “prezzo” s’intende proprio quel fenomeno oggi universalmente conosciuto come “divismo”. E che, per altro, aveva i suoi seguaci ben prima di Diesel. Basti pensare al Vate D’Annunzio, fulgido e lungimirante esempio di mass icon che comprese il potere mitizzante dell’immagine su pellicola e che non a caso spesso lamentava (?) di essere inseguito e infastidito dai flash dei fotografi, proprio come un divo di oggi: “Ma è mai possibile che un uomo come me debba essere bersagliato da…che so…una quindicina di fotografi?”.

Potere della “starificazione” come la etichettò Edgar Morin, della spiattellata al pubblico della propria immagine tramite mezzo fotografico che – da Fellini in poi, che nella sua Dolce Vita formalizza il paparazzo pensando ai mitologici scatti di Tazio Secchiaroli cui si deve la nascita dell’estetica grazia al fermo immagine dello spogliarello di Aïché Nanà al Rugantino di Roma nel ‘58 – arriva a coinvolgere le vite e i momenti privati dei super rich & famous ufficializzando il gossip a pratica comunicativa di cui la moda, ovviamente, comincia a nutrirsi.

Da Desigual a Poster Girl: le campagne pubblicitarie mimano le paparazzate

L’ultima, in ordine di tempo, a giocare con l’immaginario dei “banditi delle immagini” è stata la griffe di Barcellona Desigual che per la campagna dedicata alla Primavera Estate 2024 – lanciata lo scorso 7 marzo – ha assoldato la superstar Hari Nef come cover girl di un ipotetico The Glow Up Issue che mostra, citiamo la nota stampa del marchio, “tendenze a colpi di titoli di riviste, fit che chiedono di essere fotografati”.

La adv, tuttavia, non si limita a mimare cornice e contenuti del tabloid scandalistico – dove, in ordine sparso, l’attrice e modella è beccata all’uscita di celebri ristoranti (Nobu? Sushi Park?), nell’atto di prendere un taxi o fare shopping, o nel bel mezzo di un comunissimo running errands tra edicole e fioristi –, ma offre un’ulteriore lettura gossippara sciorinando in brevi video tutto l’armamentario di quella che abbiamo imparato a identificare come la giornata tipo della celeb: il caffè on the go, la cena condita da dito medio all’obiettivo, il bodyguard che la ripara dai flash ed eventualmente la conferenza stampa che serve a promuovere, in questo caso, il nuovo suit e la nuova borsetta multifunzionale del brand spagnolo.

Un racconto in divenire che continua con altre star del web, paparazzate nell’atto di ripararsi con l’inedita it-bag ma anche colte negli anonimi frangenti di specchiarsi davanti ad una vetrina, telefonare o posare proprio come fanno oggi i plotoni di influencer per le strade di qualsiasi fashion week, perché “essere una it-girl è un lavoro a tempo pieno”. Una mossa che sfrutta le dinamiche comunicative di oggi con fare interessante, poiché al contrario di alcune maison che nei scorsi mesi si sono dilettate nella medesima estetica – pensiamo a Gucci con Kendall Jenner e Bad Bunny, ma anche al Readymade di Bottega Veneta con Asap Rocky che pure interrogando sull’autorialità e originalità delle foto, restituiscono scatti che a noi paiono tanto patinati quanto quelli degli editoriali –, da Desigual sbeffeggiano l’attuale street photography, spesso orfana di quell’autenticità degli esordi e ancor più spesso ridotta a total look a scopi commerciali, e canzonano la paparazzata cercando di non contraddirne la natura che, dalla genesi dell’estetica, significa una fotografia impertinente che provoca una frattura tra alto e basso.

La stessa operazione che è stata fatta recentemente da GCDS che ha assoldato l’agenzia Backgrid per una campagna che – non fosse per il nome del brand a campeggiare sulle foto – ingannerebbe anche il voyeur più attento, tanto è accurata la mise en scène degli scatti rubati che mandano Baci da Los Angeles. Celebrità colte con fondoschiena all’aria, con le shopping bag ricolme di fiori e verdure varie come sono solite fare in quel di L.A., o infastidite al punto da rovesciare lo smoothie di turno al paparazzo come una Britney qualsiasi del tempo che fu. Anche Balenciaga, già nel 2018, si era cimentata nel teatro fasullo delle candid alle celebrità reclutando veri paparazzi francesi accreditati all’agenzia Best Images, a cristallizzare le mannequin (tra cui Stella Tennant) intente nella famigerata posa da no photo please! con borsetta a schermo del volto.

Tornando ad oggi, impossibile poi non pensare a Poster Girl, label indipendente di base a Londra fondata da Francesca Capper e Natasha Somerville, che per la adv della Primavera Estate 2024 ha indugiato su quell’altro spaccato di immaginario hollywoodiano che è la star arrestata o in procinto di entrare a deporre in tribunale che, com’è noto, ci ha fatto dono negli ultimi anni di court look da fiumi di parole. O a Dilara Findikoglu che ha subito la fascinazione per il gossip in passerella e alla recente fashion week londinese ha mandato in pedana la sua personale (e licenziosa) versione del blazer maschile corredandolo non di anonima borsetta, bensì di copia del tabloid a recitare l’eloquente titolo di “OMG Dilara sta facendo un’orgia satanica in una chiesa di Londra”, quasi fosse un’anticipazione di ciò che si sarebbe potuto commentare a proposito del suo audace défilé.

Insomma; l’estetica del paparazzo affascinava e continua ad affascinare oggi la moda e seduce anche noi, che rivendichiamo un prepotente diritto di sguardo su quella celebrità che lo scattino ci materializza a colpi di flash. Perché? Perché l’angolatura sghemba, con l’ombra o la sfocatura, ad inquadrare la star al di là del tappeto rosso, ci comunica un’imperfezione che è indice di quella genuinità che pare oggi assolutamente cannibalizzata dall’estetica delle foto social tanto studiate quanto finte. Ed è negli scatti meno “educati” alla celebrità che anche gli intoccabili si fanno vulnerabili, con l’immaginario del gossip come attività comunicativa a rendere esplicita la volontà di sfruttare e al contempo umanizzare le esistenze di quel drappello di privilegiati che vediamo sul piedistallo della notorietà. D’altronde il rapporto tra moda e celebrità è sempre stato simbiotico e di fashion paparazzate, presumiamo, ne continueremo a vedere specie nell’attuale mondo in cui, potendo diventare una star grazie ad un video virale su TikTok, l’immagine del paparazzo è di nuovo una certificazione di “vera” popolarità. Certo, con borsetta-scudo iper-griffata.

2024-03-28T11:17:59Z dg43tfdfdgfd